In America le imprese “ascoltano” i commenti sui social. E in Italia?

Un famoso quotidiano riportava la crescente attenzione che, in alcune parti del mondo, c’è per i social come nuove veicolo promozionale.

Piacerà il nuovo gusto di gelato che abbiamo lanciato? Un tempo ci sarebbero stati riunioni e riunioni, feedback su feedback per cercare di trovare una risposta.

Adesso le cose sono cambiate, i social possono fare da spia e sempre più imprese cominciano a pensare e a usarli come veicolo di promozione e di verifica.

La Walmart Stores Inc, tanto per fare un esempio, per verificare se una torta a forma di lecca lecca, che avevano appena lanciato, era stata ben accetta ha dato una occhiata ai tweet di Twitter.

Esteé Lauder, grosso marchio di cosmetici, ha chiesto sui social network di votare quali tonalità di make-up riproporre sugli scaffali. E Squishable, prima di optare per la versione finale di un nuovo peluche, ha interpellato gli utenti tramite Internet.
Samuel Adams ha chiesto pareri online su lievito, luppolo, colore e altre qualità per creare una birra in “crowdsourcing”, chiamata Ale B’Austin, che ha ottenuto ottime recensioni.

Elizabeth Francis, capo del marketing per il sito di e-shopping Gilt, in una intervista al New York Times ha sottolineato che i social “dicono esattamente a cosa sono interessati i clienti ed è incredibile che si possa ottenere questo tipo di riscontro in tempo reale”, che sfrutta le chat di Facebook per mettere in comunicazione diretta designer e consumatori per perfezionare i prodotti.

Come sono lontani i tempi di Ford e del modello T.

In Italia, generalmente, le cose vanno sempre un po’ a ruota, magari quello che stanno facendo adesso in America, lo si farà tra due anni in Italia.

Ma c’è un problema, in Italia le imprese appena sentono un qualche commento che non sia men che positivissimo positivissimo, ecco che cominciano a fare pressioni per far togliere il commento indesiderato.

Ecco, su questo abbiamo ancora tanto, tanto da lavorare.

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