La campagna elettorale sta entrando nel vivo, l’attesa cresce e si autoalimenta come un segnale persistente.
Di sicuro negli ultimi anni è cambiato eccome il modo di comunicare dei politici. Andreotti e quelli del suo tempo avevano il gusto per la parola, per la citazione colta.
I politici attuali ogni tanto fanno (cercano) di fare lo stesso, ma quando si tratta di usare parole o locuzioni latine o inglesi si assiste quasi sempre alla celeberrima frittata.
Con parole latine che acquistano un accento british e parole inglesi che vengono pronunciate all’italiana.
Va ancora peggio quando con il latino si usano le desinenze come vengono vengono. Ma lasciamo stare queste cose. Obama, ma Zapatero prima di lui, hanno dimostrato che il web e i social possono fare la differenza in una campagna lettorale.
E allora andiamo un po’ a vedere come si comportano i nostri politici sul web. Molti di loro hanno un sito, spesso non aggiornato. Molti di loro son presenti su Twitter e Facebook. Chi usa entrambi i social sa che non c’è alcun contrasto; i due social si rivolgono ad anime molto diverse, con obiettivi (sul social) diversi e che preferiscono informazioni diverse. en passant dico che per informare e controinformare è meglio Twitter, c’è un humus più attento, Facebook è più per il cazzeggio fine a se stesso. Vediamo un po’ i maggiori politici come se la cavano. La novità d’inizio anno è stata la “salita” o l’ascesa di Monti, prima su Twitter e poi su Facebook.
Su Twitter ha già superato i 180000 follower, mentre io non arrivo a 500 e sono lì dagli italiaci primordi essendo su Twitter dal marzo 2009. Questi followers collocano l’ex premier al quinto posto, appena dietro a Bersani che va per i 230.000. Monti cresce molto però, al ritmo di circa 6.717 follower al giorno, una velocità tripla rispetto a quella del leader assoluto su twitter che è, manco a dirlo, Beppe Grillo, con i suoi 820.000 follower. Meglio di Bersani fanno anche Matteo Renzi (330000) e Nichi Vendola (284000). Qual è peso specifico dei loro tweet? Qui Mario Monti stacca tutti, viene menzionato più di tutti, 93.795 volte. Al secondo posto in questa classifica si piazza, a sorpresa ma non poi troppo, Oscar Giannino, con 41.004 menzioni. Terzo, con 38.460, Bersani. Grillo qui va fuori dal podio. La top five è chiusa da Casini, un altro che cinguetta tanto. Va detto che verso il prof i commenti e i reply non sono sempre positivi.
Passiamo al social blu. Su Facebook, Grillo veleggia verso il milione di fan. La medaglia d’argento la prende Vendola, sul podio anche Berlusconi. Poi Renzi e Di Pietro, tra i primissimi a cogliere la novità comunicativa, con social e blog, del web. La pagina di Grillo è quella che genera più engagement grazie all’attivismo dei sostenitori: il totale di like, commenti, condivisioni e post spontanei (l’ensemble che definisce l’engagement) è di 693.619 in questi primi giorni dell’anno. a ruota segue il Cavaliere con 326.916 e il governatore della Puglia con 98.375. Più staccati, per interazione, Angelino Alfano e Matteo Renzi.
Passiamo ad un’altra nota dolente. Chi manda tweet? Chi posta foto? Chi interagisce veramente con il popolo della Rete? Quasi sempre, chi scrive sui vari social network non è il politico vero e proprio, ma non ben identificati staff. @silvioberlusconi2013 su Twitter scrive come un forsennato (anche un tweet al minuto in certi giorni), ma tutti sanno che non è il Cav a twittare, ma dei “volontari digitali” del Pdl. @senatoremonti idem, di più, durante il live, ha usato “faccine”, espressioni e smile che non sembrano essere proprio in linea con il suo aplomb e con il carattere dell’uomo con il loden che tanto abbiamo imparato a conoscere. Il Prof ha provato a mettere una pezza su Facebook, specificando che i post con la sigla St sono scritti dallo Staff. Qualcosa di molto simile ha detto anche Bersani che, su Twitter, mette tra parentesi (staff) quando i tweet non sono scritti da lui.
Ad ogni buon conto, sembra che i politici vogliano conquistare il web con una comunicazione terza, affidata ai loro staffisti. Bisognerebbe dir loro che il successo di grillo nel web è dovuto al fatto che non ha quasi mai delegato ad altri e, cosa ancora più importante, ha saputo ascoltare. I politici invece sembrano voler usare il web come un megafono, ma a parlare sono sempre loro, senza contradditorio e senza volgia di rispondere a chi fa delle domande.
C’è il rischio (concreto) che non riescano a erodere web-consensi a Grillo, e che gli abbiamo lasciato anche le piazze.