L’importanza del cibo nel neuromarketing

Ricordate il recente affair Barilla-gay, no? I social media manager erano, e lo sono tuttora, molto curiosi di vedere come gli esperti di comunicazione della famosa maison italiana avrebbero gestito la buccia di banana sulla quale era scivolato l’erede dei Barilla.

Come spesso succede, la toppa si rivela peggiore del buco.

Guido Barilla, da quel giorno, nel tentativo di scusarsi con la comunità gay, si è profuso in tali e tante scuse che forse adesso sta esagerando nel senso opposto.

In questo post non voglio parlare dei rapporti tra Barilla e i gay.

Ma è difficile dimenticare dove c’è barilla c’è casa, con una mamma che porta in tavola la pasta e il quid in più rappresentato dall’amore di moglie e mamma profuso.

Se frequentate i social, vi accorgerete che le foto di piatti e cibi ricevono non pochi like e fiumi di commenti.

Vi siete mai chiesti il perché? la neurologia ci viene incontro. 

Per avere una risposata cercate nel rettile, nella parte nostro cervello più ancestrale, quella che non smette mai di suggerirci e metterci in guardia.

Diciamo, in poche parole, che la nostra parte più antica si riduce a pochi semplici imput. cibo-neuromarketing2

Questa cosa può ferirmi o danneggiarmi?

Posso fare sesso con questa cosa?

Questa cosa può essere mangiata?

A voler stringere ancora, il rettile ci impone la nostra autoconservazione e per estensione la conservazione della specie.

Ed ecco perché una pubblicità sessista, che la si condivida o meno, attira;

ecco perché una situazione pericolosa ci fa entrare in circolo l’adrenalina e ci prepara a scappare o combattere.

Ed ecco perché i le immagini cibarie ci portano a cliccare e commentare.

Non possiamo farne a meno, è la nostra parte più antica che ci guida.

Gli esperti del neuro marketing questo lo sanno, e ci bombardano con immagini del genere.

Il punto interessante sarebbe sapere se “pesa” di più un piatto di carne (cacciatori-raccoglitori del paleolitico) o un piatto di pesce.

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