“Facebook, Myspace e molti altri social hanno inviato ad aziende pubblicitarie dati riservati dei loro utenti, che potrebbero essere utilizzati per risalire al nome del consumatore e ad altri dettagli personali, nonostante la promessa che non avrebbero mai divulgato tali informazioni senza consenso.”.
E’ questo l’incipit di un post del WSJ che mira a sintetizzare e a porre in evidenza come, nel momento in cui io utente faccio click su un banner pubblicitario, all’inserzionista arrivano delle preziose informazioni sui miei gusti, le mode e le tendenze che seguo e così via; in altre parole l’inserzionista, quale che sia, ha la possibilità di modellizzare il mio “essere”, la mia essenza di consumatore, con il fine di farmi trovare facilmente, la prossima volta, gli occhiali che preferisco, i profumi che uso, i libri del mio genere, l’ultimo cd del mio cantante preferito e così via.
I teorici della rete si sono sempre chiesti COSA e quale USO facesse Google della traccia che lasciamo nel motore di BigG ogni qualvolta lo interroghiamo.
Con i social questo problema non si pone.
Non c’è bisogno di mettere a punto un software sofisticato che aiuti Google a capire chi è il tizio che ha cercato “mappa di Antonio Zeno”.
Non qui e adesso. Non nell’era dei social.
Siamo noi che, spontaneamente, diciamo al mondo ed ai pubblicitari che amiamo le Piramidi di Giza e Mika, i tour in Nuova Zelanda e quelli alle Shetland, Obama, la Coca e non la Pepsi, la Nutella e non gli autovelox.
Dei nostri dati che, ripeto, spontaneamente forniamo al momento della registrazione non sappiamo l’uso che verrà fatto.
Ed ecco spiegato il motivo per il quale i pubblicitari da qualche anno a questa parte stanno corteggiando maggiormente i social rispetto ai motori.
Perché è più facile capire i gusti dei consumatori e si corrono meno rischi?
Più info e meno rischi, quale imprenditore non vorrebbe una simile accoppiata?
Le dichiarazioni del WSJ arrivano a ridosso del Quit Facebook Day previsto ed organizzato per il 31 Maggio.
Una mossa molto tempista non credete? Soprattutto alla luce delle statistiche che mettono in luce che sempre più persone usano Facebook per informarsi. A discapito di altre testate online o no.
Come WSJ.
1 commento su “Facebook, la pubblicità e la Privacy: attacco del WSJ”