I politologi di questo scorcio di millennio sono stati, al pari di tanti futurologi, un po’ troppo ottimisti nella valutazione dell’impatto delle nuove tecnologie per i politici, o meglio, contro il malgoverno degli stessi.
Adesso a bocce ferme, e con una analisi più fredda, anche i più entusiasti sostenitori dell’importanza di Facebook, Twitter e MySpace nell’affermazione di Obama stanno riconsiderando il fenomeno dicendo che: “Con o senza i social Obama avrebbe vinto lo stesso, soprattutto e in virtù della politica scellerata e delle bugie della presidenza Bush”.
Eugeny Morozov, in un recente intervento alla Georgetown University, ha precisato che: “I tweet non rovesciano i governi, soltanto i popoli possono riuscirci”.
Un duro colpo per chi ha accarezzato l’idea, nobilissima e gloriosa, di una rete capace di ridefinire il potere a vantaggio di un’epoca con più amore, pace e libertà.
Anche uno dei massimi esperti e teorici, forse potrei dire anche teologi, della rete come Jaron Lanier, nel suo ultimo lavoro Guru 2.0 You are not a gadget, invita il popolo della rete guardarsi dai rischi futuri di un web che sta mancando la sua piena e completa maturazione appiattendosi sui contenuti.
Detto in altri termini, il Web 2.0 produce più rumore che informazione.
Per contro si può dire che, se Internet e Twitter non hanno scalzato dal potere uno come Ahmadinejad, di certo ne hanno un po’ minata ed indebolita la figura. Ma se l’Iran è un po’ un caso particolare, vista la feroce censura, lo stesso si può dire dell’Italia, laddove la feroce protesta in rete non si traduce in un apprezzabile malcontento verso il governo in carica.
Sono queste situazioni che danno ragione allo scetticismo di persone come Morozov.
E d’altra parte, perlomeno in Italia, basta guardare i blog dei politici, pochi e penosi, per capire che le loro paure e le loro ansie non sono originate principalmente dalla rete, altrimenti, da furbastri di 4 cotte quali sono, si sarebbero già da tempo attrezzati meglio.
Internet, la rete, l’onda in Italia non è ancora in grado di diventare un movimento capace di uscire dalle immateriali strade della rete per diventare classe dirigente.
Perlomeno non lo è ancora, e la tanto vagheggiata “politica web 2.0”, partecipativa e dal basso, per adesso è ancora confinata nell’etereo laboratorio delle idee.
In attesa di un messia cibernetico che voglia diventare politico