Fare i soldi con i videogiochi o le app oggi è ancora possibile. Certo non siamo nella prima metà di questa decade, laddove c’era meno concorrenza e le buone idee sul web diventavano dirompenti.
Dico, è più difficile far presa con un videogioco o con una app, oppure con un giochino sotto forma di app, se però l’idea è buona, oggi, non c’è pericolo di finire come l’ingegner Alexej Pajitnov.
Vi starete chiedendo chi sia.
Il nome Tetris vi ricorda qualcosa? Esiste qualcuno che non abbia mai giocato Tetris?
Quante royalties avrebbe preso se anziché vivere nell’Unione Sovietica pre Glasnost e Perestroijka fosse stato in Inghilterra o negli States? Di certo oggi sarebbe ricchissimo.
In molti conoscono il giochino, meglio dire fenomeno, “Angry Birds”, gli uccellini arrabbiati scagliati da una fionda verso dei bersagli.
La nuova edizione di Angry Birds, versione associata al film d’animazione “Rio” uscito il 15 aprile scorso, ha totalizzato oltre 10 milioni di download in 10 giorni.
Una curva di crescita impressionante. Basti pensare che la versione originale – scaricata 100 milioni di volte per un totale di 50 milioni di euro – ci ha messo dei mesi per arrivare a simili cifre. Va poi considerato il merchandising consistente in magliette, gadgets, peluche, cover, applicazioni per Facebook e così via.
Peter Vesterbacka a capo del business development di Rovio Mobile, società nata dalle parti di Espoo (finlandia) in una intervista ha affermato che: “Avevamo progettato quasi tutto. L’idea era di costruire un gioco di successo per iPhone, poi per le altre piattaforme, poi le console ecc. Una volta lanciato il marchio, sarebbero seguiti i pupazzi, ma anche film e libri. Noi vogliamo essere una entertainment company vera e propria”.
Quello che Peter Vesterbacka non dice, e non se ne capisce il motivo, è che il successo per la Rovio è arrivata, con Angry Birds, al serio tentativo numero 51. Per 50 volte le intuizioni e gli sforzi creativi sono stati frustrati dagli utenti e dal mercato.
Ci sono stati momenti difficili. Ma Nikals Hed, più ancora del cugino Mikael, che a un certo punto ha abbandonato, ha tenuto duro ed insieme a Peter Verterbacka ha ottenuto il successo. Il successo è arrivato quando stavano per buttare la spugna.
Dal Dicembre del 2009, la app della Rovio ha scalato la classifica iTunes finlandese, svedese, inglese, arrivando infine al primo posto di quella americana, per restarci. Da quel momento in poi il grafico del bilancio societario ha cambiato il segno della sua derivata.
Quello che è importante capire è che tutti, e dico tutti, possono avere l’ambizione di scalare la classifica della app e conquistare il popolo dei tablet e degli smartphone.
Robert Nay, un quattordicenne dello Utah ha avuto il suo momento di gloria con “Bubble Ball”, un giochino in cui si spinge una palla a destinazione, ebbe ben 2 milioni di download nelle prime due settimane finendo nella hit delle app più scaricate. Mettere anche mezzo dollaro ad app e moltiplicatelo per 2 milioni. Avrete una bella somma.
E in Italia? Sono sicuro che ci sono tantissimi programmatori che stanno sviluppando delle belle app. Di sicuro sono a conoscenza di due baldi giovani, Andrea Mori e Matteo Morelli, universitari di Rosignano, che hanno realizzato e rilasciato su iTunes il “Calcolatore”, una app che, per soli 0,79 euro, offre una sorta di calcolatore universale capace di convertire le valute come di calcolare l’Isee. Lo stesso Morelli ha affermato che: “Dal giorno successivo al lancio siamo saliti in classifica anche grazie alla segnalazione di siti specializzati come iSpazio. In quel mese siamo stati nelle prime cinque app a pagamento in Italia con 50 mila download. E abbiamo guadagnato più di 20 mila euro”. Il tempo impiegato per realizzare la app è stato di circa tre mesi.
Il guaio è che è difficile, molto difficile scalare la classifica delle app. E rimanere poi lassù.
Bisogna essere creativi e pronti. E fortunati.
Come quelli che subito realizzarono, lo scorso anno, una app che riproduceva il suono delle vuvuzela. L’idea sbancò e scalò la classifica Usa nella sezione sport.
Va infine detto che la Apple, oltre ad esercitare, e ci mancherebbe, il diritto di veto ha altresì il 30% degli incassi di ogni app approvata. E tu? Conosci qualche bella storia di app made in Italy? Condividila con me!