La scorsa estate è stata l’estate dell’uso criminoso di Facebook, l’estate degli adescamenti sul social in qualche caso finiti male, ma davvero male, come nel caso della morte della pugliese Chiara Brandonisio.
Adesso invece vi raccontiamo di una storia finita bene, una storia che mostra le potenzialità “positive” del social blu di Mark Zuckerberg.
E’ successo che negli Usa, a Houston (Texas), un papà è riuscito, grazie al Facebook, a ritrovare una figlia mai vista. Dopo 25 anni.
La storia da Carramba che sorpresa! o da C’è posta per te vede coinvolti James Boyd e Stephanie Brumlow.
L’uomo, che aveva abbandonato la mamma della ragazza quando questa era ancora incinta, non aveva mai visto la ragazza della quale non aveva niente, neanche una foto.
Ne conosceva solo il nome.
La ragazza d’altro canto erano circa 12 anni che cercava disperatamente di dare un volto alla parola papà. Padre e figli si sono incontrati al Lone Star College-CyFair di Houston e, tra le comprensibili lacrime, finalmente conosciuti. Per una volta Houston non è stato un problema ma una risoluzione, una bella risoluzione.
Spesso il social di Mark Zuckerberg è finito nell’occhio del ciclone per la gestione sin troppo disinvolta della privacy, ma il social fu pensato per tenersi in contatto con gli amici non per offrire potenziali vittime a deviati e malati mentali e sessuali.
Un uso più consapevole e sano del social poi eviterebbe tante spiacevoli situazioni.
Perché è l’uso e non la tecnologia che fa la differenza tra il Bene ed il Male, tra socializzazione e criminalità.
Albert Einstein è universalmente riconosciuto come uno dei padri, se non il vero papà, della bomba atomica.
Lo stessa Einstein fu un antinuclearista militante; trovate la cosa un po’ ambigua? Per niente.
Einstein non voleva scoprire la bomba atomica, lui cercava di capire la struttura dell’atomo, di vedere e percepire la mano di Dio.
La tecnologia non è né buona né cattiva.
E l’uomo che fa la differenza.
Sempre.