Tutti conosco l’oramai famosissima Starbucks, la catena internazionale di caffetterie nata a Seattle (in USA) nel 1971. Il nome Starbucks fa riferimento al nome di un personaggio del romanzo “Moby Dick”, (il logo riproduce infatti una sirena a due code stilizzata). La catena offre ai propri clienti, oltre al caffè, anche dessert e prodotti di pasticceria (anche se in alcuni negozi è possibile trovare sandwich e “panini”).
Negli USA Starbucks è considerata una vera e propria istituzione, luogo di ritrovo per i giovani (soprattutto per gli studenti e per gli abitanti delle grandi metropoli), ma non solo. Il primo negozio fu aperto nel ’71 a Seattle da tre amici, ma il brand conobbe il suo enorme successo grazie alla svolta che Howard Schultz, ormai storico amministratore delegato del gruppo, fu in grado di dargli.
Schultz infatti, in occasione di un viaggio in Italia (fatto precisamente a Milano nel 1983), mise a punto il suo progetto di portare negli States la cultura della caffetteria all’italiana.
Il progetto ebbe il successo che noi tutti conosciamo: nel gennaio 2005 si contavano già quasi 9.000 Starbucks in tutto il mondo. In Europa Starbucks ha avuto un successo strepitoso, tanto da essere presente sia nei piccoli centri che nelle grandi capitali europee, come ad esempio Parigi, Berlino e Londra (nel Regno Unito il giornale inglese The Sun ha stimato che il consumo di acqua giornaliero della catena Starbucks è di circa 23 milioni di metri cubi, ossia l’equivalente dei fabbisogno d’acqua della Namibia).
Paradossalmente, però, nonostante l’enorme successo decretato dal progetto originario, Starbucks non ha ancora alcuna sede proprio in Italia. Come mai? E’ proprio Howard Schultz a dare una risposta in merito: anche se Starbucks si ispira al modello sociale e commerciale delle caffetterie italiane, la catena proprio in Italia non funzionerebbe dal momento che, sostiene Schultz: “agli Italiani non piacciono le tazze di plastica. Perché? Essi non considerano neanche la possibilità di prendere il caffè fuori dal bar, bevendoselo mentre camminano o guidano”.
In effetti il ragionamento non fa una piega. Eppure negli ultimi giorni circolano voci sull’apertura di due punti vendita Starbucks in Italia, precisamente uno a Milano (che sarà aperto entro fine 2010) e uno a Roma, che aprirà nel 2011. Queste voci circolano in Rete su alcuni blog e su alcuni importanti giornali online (come “Il Secolo XIX”). Inoltre, sempre sul Web, esistono numerosissime raccolte di adesioni e svariati gruppi di Facebook che richiedono l’apertura di punti vendita Starbucks in Italia, segno che comunque molti italiani, grazie ai loro viaggi all’estero, ne sono stati fortemente conquistati.
Il problema è che nel nostro Paese la grande diffusione di bar e caffetterie (e la qualità indubbiamente migliore del caffè nostrano) rende l’arrivo di Starbucks in Italia una grande incognita. Riuscirebbe il brand ad avere successo anche nel Belpaese, il regno per eccellenza del caffè? E con i prezzi, come la mettiamo? Il caffè da noi si può gustare a costi di gran lunga inferiori a quelli di Starbucks.
Insomma, in teoria non ci dovrebbero essere buoni presupposti per la diffusione del brand qui in Italia. In pratica, è tutto da vedere… Che Starbucks non riesca a riproporre la tradizione italiana del caffè unendo una maggiore qualità a prezzi più competitivi?
Staremo a vedere. Intanto la decisione di aprire nuovi punti vendita era stata già confermata alcuni mesi fa da una portavoce di Starbuck Europe sul sito di ABC: “Quando si tratta di aprire nuovi filiali in Europa, il nostro approccio è sempre molto cauto”, ha spiegato la portavoce dell’azienda. “Abbiamo in programma di aprire entro i prossimi 24-36 mesi delle caffetterie in Italia, Germania, Francia e Spagna”.
E voi cosa ne pensate? Come accogliereste l’arrivo di Starbucks in Italia?