Tecniche SEO Black hat. Servono a poco ormai!

Nella continua “partita” tra i SEO e i motori di ricerca per conquistare posizioni nelle SERP a colpi di trcchi, ottimizzazioni e Link Building, esistono anche delle tecniche “fuori legge”, chiamate Tecniche SEO Black hat.

Ma servono ancora?

Io personalmente, non ho mai utilizzato tecniche non permesse, per una sola ragione, non conviene e si ottengono solo risultati a breve termine. Google è troppo potente, ha molti programmatori che costantemente cercano di migliorare gli algoritmi per creare delle SERP sempre più performanti dal punto di vista dell’utente finale. Questi algoritmi, sempre di più, sono capaci di poter trovare i siti che utilizzano queste tecniche “black hat” e li penalizzano o li bannano finanche.

Questo che ho affermato finora è quasi sempre vero comunque. Infatti, navigando e analizzando vari siti che erano posizionati molto bene per parole chiave molto ambiziose ho trovato qualche sito che ha utilizzato la tecnica vecchia, ma il quel caso ancora funzionale, del testo nascosto. Speriamo che Google diventi sempre più attento e punisca completamente chi non ottiene i risultai importanti onestamente.

vediamo le tecniche black hat più famose:

  • Testo nascosto. Una delle tecniche più vecchie, consiste nell’inserire del testo dello stesso colore dello sfondo. Oppure inserire dei tag ( <noscript>) all’interno del codice con l’obiettivo di comunicare al motore informazioni diverse da quelle che legge l’utente finale. Questo vale anche per i link nascosti. Questa tecnica è utilizzata anche da una nota azienda di SEO ( non faccio nomi per non ricevere denunce ), e analizzando i suoi codici, mi sono accorto che utilizzavano link nascosti. Io penso che un cliente deve chiedere che nel contratto il SEO si impegna a non utilizzare nessuna tecnica proibita da Google.
  • Cloacking. Questa startegia permette ad una pagina di comunicare al motore informazioni diverse rispetto a quelle comunicate all’utente finale. Molto in voga 5-6 anni fa, permetteva di pubblicare un sito in flash visto dall’utente, ma lo spider quando visitava questa pagina vedeva solo testo ottimizzato. Questa tecnica è ormai molto facilmente scopribile dai motori di ricerca e infatti non funziona più. Si rischiano solo penalizzazioni e ban.
  • Pagine Gateway o doorway. Servono a “spingere” sui motori di ricerca pagine particolari del sito. Non hanno all’interno informazioni utili per l’utente e sono facilmente scopribili dal motore. Tecnica Black hat superata
  • Stuffing. Più che una vera e propria tecnica lo stuffing è un eccessiva ottimizzazione della pagina ripetendo troppe volte la parola chiave  o la frase chiave da posizionare. Più che Black hat è un errore del SEO che non è stato capace di calibrare bene il testo. Quando una pagina va in stuffing  Google la penalizza mandandola indietro nelle SERP di molte posizioni. Esiste anche lo stuffing di tag alt per le immagini e lo stuffing di anchor text per i back link.

Ve ne sono tante altre sopra ho voluto riportare le più comuni e quelle maggiormente utilizzate, anche se non più efficaci come prima. L’unica che ancora potrebbe ingannare il motore è il testo nascosto, ma basta una comunicazione a Google e si rischia la penalizzazione.

Inoltre, ma non le ho citate, esistono le tecniche spam per aumentare il PR di una pagina web. Google è diventato molto bravo a scoprire queste strategie, e siccome il valore che conta per il posizionamento non è più il PR ma il trust rank non servono quasi più a niente.

Se volete presentare altr tecniche Black hat ancora utilizzate e che non vengono scoperte facilmente del motore di ricerca sono contento di aggiungerle.

1 commento su “Tecniche SEO Black hat. Servono a poco ormai!”

  1. Ciao,
    sinceramente non mi trovo molto d’accordo con questo articolo.
    Black Hat Seo è ancora molto attuale sia in italia che nel mondo, solo che le tecniche cambiato, cambiano i modi
    ora è attuale facebook e i social, un tempo erano spam tramite i commenti.
    😉

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