Quando un imprenditore deve lanciare un nuovo prodotto sul mercato si chiede quale sia il prezzo giusto. Spesso, però, questo processo è causa discussioni tra i marketer e gli amministrativi. Avviene una lotta tra le persone che cercano di accontentare la domanda e quelle che cercano di ottimizzare i ricavi.
Ma chi ha ragione? Chi bisogna seguire? Esiste un prezzo giusto? La domanda è un indicatore corretto del prezzo? i ricavi sono un valore corretto per stabilire il prezzo?
Queste sono le domande che un imprenditore si pone quando deve stabilire il prezzo del prodotto, ma raramente riesce a trovare delle risposte soddisfacenti. Allora come bisogna agire?
Vi voglio raccontare una storia che sentii ad un corso di marketing qualche tempo fa.
Un barista, sul bancone del suo bar, decide di mettere un contenitore con delle noccioline. Il suo contabile gli consiglia di venderle a 0,50€ il sacchetto, invece di 0,30€ come voleva il barista, per varie ragioni. Il contabile spiega che l’operazione “noccioline” ha dei costi “invisibili”, da considerare come parte di: affitto, riscaldamento o raffreddamento, luce, apparecchiature, ammortamenti, retribuzioni, salari dei dipendenti, manutenzione bar, ristrutturazione dello stesso, affitto di parte del bancone, ecc…. Quindi l’operazione “noccioline” non va sottovalutata economicamente, infatti ogni anno potrebbe costare al barista ben 2000,00€. Il prezzo delle noccioline, perciò, deve considerare tutti questi fattori.
Però, il barista, quando ha inserito le noccioline sul bancone aveva altro in mente. Il suo obiettivo era quello di rendere un servizio piacevole alla propria clientela e di far consumare uno snack salato che avrebbe motivato i suoi clienti all’acquisto di bevande.
Questa è una controversia che spesso regna tra l’area marketing e i contabili dell’azienda. I primi cercano di trovare delle strategie per migliorare la propria penetrazione di mercato, di miglioarare la percezione che i clienti hanno del prodotto e della marca, di aumentare il numero delle vendite, di fidelizzare la clientela, ecc… i consulenti amministrativi, o i contabili, invece, cercano di stabilire il costo unitario del prodotto, il suo prezzo e i ricavi per unità, così da poter calcolare una proiezione più precisa ed evitare brutte sorprese.
Chi ha ragione? Ovviamente la verità sta nel mezzo.
L’ideale per un’azienda è quella di avere al suo interno responsabili marketing finanziariamente consapevoli e contabili orientati al marketing. questa soluzione sarebbe ideale e massimizzerebbe i ricavi di un’azienda.
Nel Marketing del prezzo, inoltre, va considerato anche il significato che un prezzo porta con se. Infatti, in base la prezzo venduto un prodotto si differenzia, agli occhi del consumatore, per:
- Qualità. Spesso si tende a credere che un prodotto che costa di più vale anche di più.
- Esclusività o massa. Un prodotto che costa molto, crea spesso una sensazione di esclusività. Ancora oggi un russo, neo ricco, non acquista un vino Italiano o Francese se non costa una cifra sufficientemente alta. Questo vale anche per gli abiti e gli accessori.
- Fascia di consumatore. Il prezzo, per una questione economica, stabilisce anche la fascia di consumatori che possono acquistarlo.
Ovviamente, la qualità del prodotto è indipendente dal prezzo, ma la percezione e le convinzioni del mercato valgono molto più dell’effettiva qualità del prodotto in esame. Il marketing del prezzo deve tenere conto anche e soprattutto di questo.
Purtroppo, da ricerche fatte, risulta che il prezzo non viene stabilito in base a ragionamenti di marketing e e in base agli obiettivi dell’azienda ma la maggior parte delle volte è scelto valutando la concorrenza e i propri ricavi.
Questa ragione è spesso una causa che sta alla base della scarsa massimizzazione dei ricavi. Invece, utilizzando un piano marketing preciso, la scelta del prezzo può diventare un fattore vincente. Ad esempio, il “Grand Soleil” della Ferrero ha stabilito un prezzo marketing oriented più che renderlo paragonabile alla propria concorrenza.