E’ capitato a molti utenti in tutto il mondo di ricevere richieste di contatto o suggerimenti di amicizia su Facebook, dovuti agli algoritmi del social, da parte di chi ormai non c’era più. Come risolvere la situazione di questi “fantasmi” che si aggirano sul libro delle facce?
Purtroppo il social è basato su di un sistema di algoritmi, formule matematiche che permettono di intrecciare amici, link, hobby e passioni. Le formule vengono continuamente aggiornate dagli utenti che interagiscono col sistema pubblicando su Facebook stati d’animo, note, facendo nuove amicizie, etc.
Ma quando qualcuno muore, come evitare che il “fantasma” continui a vivere nel Web? Con i suoi 500 milioni di utenti, Facebook è tra le “nazioni” più popolate del mondo, ed è quindi naturale che questo problema sia molto esteso nel social.
La questione è finita addirittura sul New York Times, il quale ha raccolto lo sfogo di un utente, Courtney Puvi, 36 anni, texana. Mentre navigava su Facebook il social le ha suggerito di mettersi in contatto con un suo vecchio amico di famiglia, il quale aveva suonato il pianoforte al suo matrimonio. Solo che l’amico in questione era morto circa due mesi prima.
Courtney racconta anche di essere rimasta scioccata e offesa, quasi come se stesse ricevendo “un messaggio dal mondo dei morti”, il tutto per la “mancanza di tatto” del social network. Insomma, l’esperienza è più che macabra, certamente surreale. “Rivedere” amici o parenti morti online non può che lasciarci basiti, sgomenti, quasi come se Facebook ci stesse prendendo in giro.
Fatto sta che la morte “non chiede la carta d’identità”, e quindi non si può liquidare il problema dicendo: “ma Facebook è un sito pensato soprattutto per i ragazzi” (anche perché le statistiche indicano come la fascia di over 65 registrati al social stia aumentando considerevolmente).
Come poter gestire dunque i profili Facebook di parenti o amici defunti? Tre anni fa, dopo la strage al college di Virginia Tech, molti ragazzi avevano chiesto di non chiudere i profili delle vittime della tragedia per poterli onorare anche sul Web. Il social ha così stabilito che, a richiesta di amici o delle famiglie, le pagine degli user scomparsi potevano restare memorizzate nel database senza che però continuassero a finire nelle ricerche, nei suggerimenti di amicizia, etc.
Purtroppo però tale politica, data l’altissima “densità demografica” del sito, non è pienamente attuabile in tutto il mondo: il New York Times ha calcolato che il rapporto tra gli user e coloro che lavorano al sito è di 1 a 350mila. Come è possibile gestire una mole così impressionante di utenti, controllando la veridicità delle richieste e dei certificati di morte?
Insomma, la questione è molto, molto spinosa. E per il momento sembra tutt’altro che risolta. E’ bene che Mark Zuckerberg ed i suoi trovino il prima possibile una soluzione valida se non vogliono andare incontro ad un altro Quit Facebook Day, stavolta organizzato da masse di utenti turbati ed offesi.