Come ben sapete, il 6 Maggio ci sono state delle elezioni amministrative in alcune città italiane, con turni di ballottaggio il 23.
E come ben sapete, il movimento di Beppe Grillo, nato essenzialmente in rete con un blog, ha “preso” una città (Parma) e qualche altro comune, il primo sindaco targato M5S è stato un certo Roberto Castiglion, un ingegnere poco più che trentenne che è riuscito a farsi eleggere primo cittadino di Sarego, città vicentina peraltro sede del folkloristico Parlamento Padano.
Ma non è di politica che voglio parlare in questo post.
Già 4 anni fa, non pochi analisti politici individuarono nell’uso dei social (in primis Facebook e Twitter) come un fattore in più per Obama.
Il punto che voglio sottolineare è un altro.
Una legge che credo risalga al 1956 regolamenta il silenzio elettorale.
Silenzio che da un po’ di anni a questa parte viene regolarmente aggirato dal momento che la legge riguarda “affissioni di stampati, giornali murali e manifesti di propaganda”.
Ergo, non i social, che non erano previsti né preventivati nel 1956. Così come i blog non sono stampa clandestina, come ha recentemente sentenziato la Cassazione. Ma torniamo a noi.
Il punto dolente riguarda altresì l’uso del mezzo; i politici stigmatizzano l’uso di Internet quando li mettono alla Berlina o, più semplicemente, sollevano il velo sulle loro attività; gli stessi politici però non si fanno scrupoli a usare internet e i social anche nei giorni proibiti pur di raccattare qualche voto in più.
Anche durante la tornata elettorale ci sono state link a video su Facebook e Twitter, appelli pro o contro questo o quel candidato, e così via.
Servirebbe una regolamentazione ad hoc solo per le elezioni, per evitare che qualcuno si avvantaggi rispetto a qualcun altro che invece le regole le rispetta.
In che modo, su internet, ci si può avvantaggiare rispetto a qualcun altro, visto che internet è a disposizione di tutti e costa uguale per tutti (il più delle volte costa zero)?