Prima di Facebook c’era MySpace.
Prima di MySpace ci fu Friendster.
Almeno per quanto riguarda il “mondo occidentale” è stata questa la successione, la linea di sangue dei social.
In qualche precedente post abbiamo parlato del bagno di sangue nell’affaire Bebo (un altro social che ebbe il suo bel perché) e mentre scrivo Murdoch ha offerto, a prezzo di saldo, Myspace.
Il magnate aussie acquistò, nel 2005, il social di Chris DeWolfe e Tom Anderson, per la stratosferica cifra di 580 milioni.
AOL spese ancora di più, 850 milioni, per Bebo nel marzo del 2008.
Comprare a 580 e vendere a meno di 100 non è proprio un affare, su questo punto credo che ogni massaia del Kentucky (ha preso il posto nel mio cuore della casalinga di Voghera) possa convenire con me, eppure…
Eppure nel 2005 l’alleanza Murdoch-MySpace sembrava aver dato il là ad un megaconglomerato che ci avrebbe resi “schiavi mediatici”.
Così non è successo, e nessuno ipotizzò che la cosa potesse finire in questo modo.
Io non so come finirà la storia di MySpace, mi preme però, sulla base di queste esperienze, mettere in guardia chi fa troppo affidamento e troppi investimenti in un mondo come quello del web che si sta dimostrando molto, ma molto volatile. Un mondo che vede imprese diventare leader e scomparire in meno di un decennio.
E’ mai capitato qualcosa del genere?
Gli analisti sono pronti a buttare a mare le tabelle del business classico per provare ad approntare nuovi strumenti per il nuovo mondo del web? La risposta, per quello che vedo, è più no che sì in quanto noto che il riferimento che parte in automatico è sempre quello classico che non tiene conto della velocità e della potenzialità del web.
Friedster, il social creato dall’australiano Johnatan Abrams (foto, se non ha ascendenze ebree questo io non sono italiano), è appena passato di mano per 40 milioni di dollari.
Il social registrato a Mountain View è stata acquistato da una società malese e ricomparirà con una nuova veste grafica, nuovi contenuti e nuovi messaggi destinati ad un nuovo target.
La scelta non è del tutto peregrina in quanto almeno due terzi degli utenti di Friendster erano persone dell’Asia e dell’Oceania.
Posti dove Facebook non è ancora un dominus incontrastato.